Il recente Decreto Sicurezza ha scatenato una vera e propria tempesta nel settore della canapa italiana, innescando una serie di battaglie legali che potrebbero ridefinire il futuro dell’intero comparto, e l’Unione Europea sta emergendo come attore chiave in questa controversia. Non è la prima volta che l’Italia si trova a dover rivedere le proprie norme sulla cannabis dietro indicazione di Bruxelles.
La Commissione Europea sta monitorando attentamente la situazione, con particolare attenzione alla probabile violazione delle direttive comunitarie.
Ma cerchiamo di capire meglio la situazione…e come sta rispondendo il settore.
Stato legale attuale del CBD in Italia
In Italia la coltivazione di canapa industriale (Cannabis sativa L.) con contenuto di THC inferiore allo 0,2% (varietà certificate UE) è consentita dalla legge n. 242/2016. Questa legge promuoveva la filiera agroindustriale della canapa destinata a usi leciti (alimentare, cosmetico da semi, fibra tessile, materiali edili, ecc.), ma non menzionava esplicitamente l’uso delle infiorescenze per consumo umano.
Ne è derivata una zona grigia: molti negozi hanno iniziato a vendere “cannabis light” (infiorescenze di canapa con THC molto basso) e prodotti derivati ricchi di CBD come oli e resine, presentandoli spesso come oggetti da collezione o uso tecnico. Tuttavia, già prima del DDL Sicurezza tali attività erano giuridicamente dubbie. Una sentenza del 2019 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha infatti stabilito che la vendita di infiorescenze, foglie, olio e resina derivati da canapa “light” non rientra tra le attività lecite tutelate dalla legge 242/2016 né da altre normative vigenti. In altre parole, la commercializzazione di prodotti contenenti CBD ottenuti dalla cannabis sativa (al di fuori degli usi industriali previsti) era già considerata illecita dalle massime autorità giudiziarie italiane, in assenza di “efficacia drogante” rilevante.

Dal punto di vista della regolamentazione sanitaria, va evidenziato che il CBD (cannabidiolo) in sé non è inserito tra le sostanze stupefacenti nelle convenzioni internazionali e, secondo l’OMS, non ha potenziale di abuso o effetti psicoattivi comparabili al THC. Anzi, l’OMS nel 2019 ha raccomandato che il CBD puro non fosse classificato come stupefacente. Inoltre, una nota sentenza della Corte di Giustizia dell’UE (caso Kanavape, 2020) ha chiarito che il CBD estratto legalmente dalla canapa in uno Stato membro non va considerato stupefacente e i prodotti a base di CBD devono poter circolare liberamente all’interno dell’Unione. Nonostante queste premesse internazionali favorevoli al CBD, in Italia la vendita di prodotti contenenti CBD per uso umano è stata progressivamente ostacolata da normative interne. In assenza di autorizzazione come alimento “novel food” (nessun prodotto a base di CBD ha ancora ottenuto l’autorizzazione in UE) o come farmaco, gli oli al CBD non potevano essere commercializzati legalmente come integratori alimentari.
Un’ulteriore stretta si è avuta con il Decreto del Ministero della Salute 27 giugno 2024 (cosiddetto decreto Schillaci): esso ha inserito le preparazioni per uso orale di CBD nella Tabella dei medicinali stupefacenti (Sezione B), rendendole di fatto equiparate a farmaci stupefacenti vendibili solo dietro prescrizione medica non ripetibile. Questa decisione – motivata dal Ministero con il principio di precauzione in mancanza di certezza scientifica sulla sicurezza d’uso orale del CBD e sul possibile accumulo di tracce di THC – è stata contestata dalle associazioni di settore, ma il TAR del Lazio (sentenza n. 7509/2025 del 16 aprile 2025) ha respinto il ricorso confermando la legittimità di tale decreto. Di conseguenza, già prima del DDL Sicurezza la vendita libera di oli CBD da assumere per via orale era vietata, essendo tali prodotti classificati come farmaci stupefacenti (richiedenti ricetta medica) . In sintesi, prima ancora dell’ultima riforma sicurezza, il quadro legale italiano sul CBD era il seguente:
- È consentita la coltivazione di canapa industriale (<0,2% THC) per usi specifici (semi alimentari, oli da seme, fibre, uso tessile, edilizia, florovivaismo, ecc.); la legge 242/2016 però non autorizzava esplicitamente la vendita di infiorescenze al pubblico (Corte di cassazione – SS. UU. – sentenza 30475/2019: vendita derivati della filiera della cannabis light / Giurisprudenza / Biolaw-pedia / Biodiritto – Biodiritto).
- Cannabis light e derivati ricchi di CBD erano venduti in una sorta di vuoto normativo, tollerato in pratica ma giuridicamente rischioso: la Cassazione 2019 ne ha sancito la non liceità, salvo il caso di contenuto di THC talmente basso da essere privo di effetto drogante (criterio non chiaramente definito, sebbene la soglia dello 0,5-0,6% di THC fosse considerata un riferimento tecnico) (Corte di cassazione – SS. UU. – sentenza 30475/2019: vendita derivati della filiera della cannabis light / Giurisprudenza / Biolaw-pedia / Biodiritto – Biodiritto).
- L’uso di CBD in prodotti alimentari o integratori non era autorizzato (richiederebbe approvazione novel food a livello UE). L’uso in cosmetici era ammesso solo per CBD sintetico o derivato da parti della pianta diverse da foglie/infiorescenze (come da regolamento UE sui cosmetici), ma restava controverso.
- Dal 2024, oli o altri prodotti a base di CBD per uso orale rientrano tra i farmaci stupefacenti su decreto ministeriale, quindi vietati alla vendita libera (La storia degli oli al Cbd che per comprarli servirà la ricetta perché stupefacenti). La stessa detenzione di tali prodotti senza prescrizione medica diventava illegale.
Questo era lo stato legale “attuale” del CBD in Italia subito prima della nuova normativa sicurezza: un settore florido ma basato su interpretazioni tolleranti della legge, già colpito da provvedimenti restrittivi recenti (es. divieto di vendita per uso orale).

Novità introdotte dal DDL Sicurezza e impatto sul CBD
Il nuovo DDL Sicurezza 2023/2024, voluto dal Governo Meloni, contiene un articolo (l’art. 18 del decreto-legge 11 aprile 2025 n. 48) che apporta modifiche drastiche alla legge 242/2016 sulla canapa. Queste novità colpiscono frontalmente la filiera della “cannabis light”.
In particolare, le disposizioni introdotte prevedono:
- Divieto generale di utilizzo delle infiorescenze di canapa: viene vietata la coltivazione, importazione, esportazione, cessione, lavorazione, distribuzione, commercio, trasporto, spedizione, consegna e vendita al pubblico di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (Cannabis sativa L.) o che contengono infiorescenze, anche sotto forma essiccata, tritata o semilavorata, compresi estratti, resine ed oli da esse derivati (20250411_085.pdf) (20250411_085.pdf). In pratica, qualsiasi utilizzo delle infiorescenze di canapa al di fuori dei casi espressamente consentiti diventa illegale. Questo include la commercializzazione della “cannabis light” in fiore, ma anche la produzione e vendita di olio di CBD estratto dalla pianta (poiché ottenuto dalle infiorescenze). La normativa non fa più distinzione tra “cannabis light” a basso THC e cannabis normale, equiparando tutto il fiore di Cannabis sativa ad una sostanza illecita.
- Eccezione limitata ai semi: l’unica deroga esplicita introdotta è che “resta consentita solo la lavorazione delle infiorescenze per la produzione agricola di semi” (nuova lett. g-bis dell’art. 2, c.2 legge 242/2016). Ciò significa che un coltivatore può raccogliere le piante e utilizzare le infiorescenze esclusivamente per ricavarne semi (ad esempio per uso alimentare, come semi decorticati, olio di semi di canapa, farine, oppure per semina), ma non può destinare le infiorescenze ad altri scopi. Viene aggiunto che i limiti di contaminazione di THC nei prodotti derivati dai semi saranno fissati con decreto del Ministero della Salute. In sostanza, si salva solo la filiera del seme, mentre tutti gli altri usi del fiore di canapa sono vietati. Anche l’utilizzo ornamentale o vivaistico è ristretto al “florovivaismo professionale” (la legge ha specificato questo termine), per evitare che la “coltivazione ornamentale” diventi un escamotage per la vendita al dettaglio.
- Sanzioni penali equiparate a quelle per gli stupefacenti: il DDL Sicurezza richiama espressamente il Testo Unico Stupefacenti (DPR 309/1990) per le sanzioni. Di conseguenza, chi coltiva, vende o detiene infiorescenze di canapa fuori dai casi consentiti sarà perseguito secondo le norme sugli stupefacenti. Come riportato dalla stampa, “d’ora in poi non ci sarà differenza tra cannabis light e quella normale, con pene fino a 6 anni di carcere e multe fino a 77 mila euro” per i trasgressori.
L’art. 18 del decreto sicurezza, di fatto, inserisce la canapa (prima limitatamente lecita) nell’ambito di applicazione del DPR 309/1990, facendo ricadere il fiore di Cannabis sativa tra le sostanze vietate. Questo provoca una totale inversione di rotta normativa: ciò che fino a ieri era un fiorente mercato legale (anche se semi-tollerato) viene improvvisamente azzerato per legge. - Motivazione di sicurezza pubblica: la ratio ufficiale dietro questa stretta è di tipo sicuritario.
Nel testo del decreto si afferma che la misura mira ad “evitare che il consumo di prodotti costituiti da infiorescenze di canapa (…) possa favorire comportamenti che mettano a rischio la sicurezza o l’incolumità pubblica ovvero la sicurezza stradale”. In altri termini, il Governo ha giustificato il divieto totale temendo che anche la cannabis a basso THC possa alterare lo stato psicofisico (ad esempio alla guida) o fare da “antipasto” verso droghe più pericolose. Questa impostazione però è contestata da esperti e operatori, dato che il CBD è una sostanza non psicotropa e i prodotti “light” legali hanno THC minimo. Le associazioni di categoria parlano apertamente di approccio ideologico: “il Governo elimina un’intera filiera tutta italiana, mantenendo l’assurda convinzione di fare guerra alla droga”.
In sintesi, le novità del DDL Sicurezza (ora decreto-legge 48/2025) sanciscono per legge quello che finora era oggetto di dibattito: la cannabis light diventa illegale in Italia a tutti gli effetti. La coltivazione e la vendita di infiorescenze di canapa e derivati (CBD compreso) sono vietate, salvo che per produrre semi. Si tratta di una stretta senza precedenti in Europa, che modifica radicalmente la legge del 2016 sulla canapa.

Le tempistiche sono state molto rapide: il Consiglio dei Ministri ha approvato la trasformazione del DDL in decreto-legge il 4 aprile 2025 e il Presidente della Repubblica lo ha firmato l’11 aprile 2025. Il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 11 aprile ed è entrato in vigore il giorno successivo (24 ore dopo la pubblicazione). Pertanto, dal 12 aprile 2025 la cannabis light è ufficialmente fuorilegge sul territorio italiano.
La risposta del settore
Di fronte a questo scenario proibitivo, le imprese del settore canapa stanno esplorando vari margini di azione – legali, commerciali e di advocacy – nel tentativo di sopravvivere rispettando la legge.
Le associazioni di categoria e diverse aziende si sono già mobilitate per impugnare le nuove disposizioni. In particolare, è stato annunciato e avviato un ricorso collettivo dinanzi alla magistratura civile contro l’art. 18 del decreto sicurezza. La strategia giuridica si basa sul diritto dell’Unione Europea: l’avvocatura del settore sostiene che il divieto generalizzato imposto dall’Italia configuri una “regola tecnica” non notificata a Bruxelles, in violazione della direttiva UE 2015/1535 (Single Market Transparency Directive). Secondo tale direttiva, infatti, gli Stati membri devono notificare in anticipo alla Commissione Europea qualsiasi norma tecnica nazionale che possa ostacolare la libera circolazione delle merci, attendendo 3 mesi per eventuali rilievi (procedura TRIS). Il governo italiano non avrebbe notificato a Bruxelles il divieto sulla cannabis light, analogamente a quanto accaduto nel 2023 con la legge che vietava la carne coltivata.
La Commissione Europea – interpellata sul punto – ha ricordato che, in base alla giurisprudenza UE, un giudice nazionale deve rifiutare di applicare una norma tecnica nazionale adottata in violazione dell’obbligo di notifica.
Ciò significa che, se il ricorso avrà successo, un tribunale potrebbe dichiarare inapplicabile l’art. 18 del decreto sicurezza (per contrasto con il diritto UE), riaprendo di fatto uno spiraglio di legalità per il settore. Questa via legale potrebbe richiedere tempo e probabilmente approderà in Corte di Giustizia UE, ma rappresenta un fondamentale margine d’azione: impugnare la norma sul piano comunitario. Oltre al profilo procedurale (mancata notifica), si potrebbero sollevare questioni di compatibilità sostanziale con il diritto UE – ad esempio invocando la libera circolazione delle merci (art. 34 TFUE) o la sproporzionalità del divieto totale rispetto agli obiettivi (violazione del principio di proporzionalità UE). Anche alcuni Enti locali stanno valutando azioni legali: la Regione Emilia-Romagna, ad esempio, ha annunciato la possibilità di sollevare questioni di legittimità costituzionale e comunitaria contro il decreto.
Parallelamente, sul fronte interno, sono promosse questioni di legittimità costituzionale (da giudici italiani) sostenendo che il decreto viola principi costituzionali (come la libertà d’iniziativa economica, art. 41 Cost., o il principio di ragionevolezza). Tali questioni potrebbero portare la Corte Costituzionale a pronunciarsi, anche se va notato che in passato la Consulta italiana ha generalmente lasciato al legislatore ampio margine in materia di politica delle droghe. In ogni caso, le associazioni di settore (es. Associazione Canapa Sativa Italia – CSI, Federcanapa, Confagricoltura, ecc.) stanno coordinando la battaglia legale.
Occorre lavorare per una riforma legislativa futura più equilibrata. Ad esempio, spingere per una nuova legge che regolamenti chiaramente il mercato del CBD in Italia (magari seguendo modelli di altri paesi EU) una volta superata l’emergenza del decreto attuale. In quest’ottica, mantenere viva l’attenzione mediatica sulle evidenze scientifiche (CBD non è drogante; casistica di altri paesi) e sulle ricadute economiche negative del divieto è cruciale.
Azioni Legali e Ricorsi
- Ricorsi al TAR e alla Corte Costituzionale: Associazioni come Canapa Sativa Italia (CSI) e Imprenditori Canapa Italia (ICI) hanno avviato ricorsi al TAR e stanno preparando azioni legali per contestare il decreto, ritenuto in contrasto con la normativa europea e costituzionale. Fonte
- Petizione al Parlamento Europeo: Una petizione è stata presentata al Parlamento Europeo da CSI, sostenuta da Confagricoltura, Cia, Copagri, CNA Agroalimentare e l’EIHA, per verificare la conformità del decreto con il diritto dell’Unione. Fonte
Mobilitazione delle Associazioni di Categoria
- Coalizione di Associazioni: Coldiretti, Confagricoltura, CIA, COPAGRI, CNA Agroalimentare, UNCI, Liberi Agricoltori e l’Associazione Florovivaisti Italiani chiedono l’esclusione della canapa industriale dalle restrizioni del decreto. Fonte
- Azioni Coordinate: Le associazioni stanno inviando PEC alle amministrazioni e definendo protocolli di conformità per garantire il rispetto del diritto europeo. Fonte
Proteste e Campagne di Sensibilizzazione
- Digiuno a Staffetta: Iniziativa in corso fino al 30 maggio, vigilia della manifestazione nazionale a Roma. Fonte
- Manifestazioni e Conferenze: Eventi pubblici organizzati per sensibilizzare cittadini e istituzioni. Fonte
Posizioni Politiche
- Opposizione Parlamentare: Il Partito Democratico e altre forze di opposizione propongono la modifica o l’abrogazione dell’articolo 18. Fonte
- Forza Italia in Europa: L’eurodeputato Flavio Tosi ha sostenuto la petizione europea contro il decreto. Fonte
Interventi a Livello Europeo
- Commissione Europea: Ha richiesto chiarimenti al governo italiano sulla conformità del decreto con il diritto europeo. Fonte
Fonti:
- Gazzetta Ufficiale n. 85 dell’11/04/2025 – Decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48 (art. 18 sulla canapa) (20250411_085.pdf) (20250411_085.pdf).
- Legge 2 dicembre 2016 n. 242, testo vigente e modifiche introdotte dal D.L. 48/2025.
- Sentenza Cass. SS.UU. penali n. 30475/2019 (Cannabis light) (Corte di cassazione – SS. UU. – sentenza 30475/2019: vendita derivati della filiera della cannabis light / Giurisprudenza / Biolaw-pedia / Biodiritto – Biodiritto).
- Comunicato Confagricoltura (09/09/2024) – Allarme su emendamento DDL Sicurezza e impatto sulla filiera (Canapa, Confagricoltura: Ritirare l’emendamento al DDL Sicurezza per salvare aziende e investimenti – Comunicati | Confagricoltura).
- Pronuncia TAR Lazio n. 7509/2025 – Inserimento del CBD in tabella stupefacenti (ricorso respinto) (Cbd uso orale classificato come farmaco stupefacente. Tar del Lazio respinge il ricorso | Vet33).
- Cannabisterapeutica.info, “CBD: le composizioni orali sono un farmaco stupefacente” (16/04/2025) (CBD: le composizioni orali sono un farmaco stupefacente) (CBD: le composizioni orali sono un farmaco stupefacente).
- Il Fatto Quotidiano, “Canapa, primo ricorso contro il decreto sicurezza…” (18/04/2025) (Canapa, primo ricorso contro il decreto sicurezza. La Ue: “Disapplicare la norma, se è stata violata la direttiva” – Il Fatto Quotidiano) (Canapa, primo ricorso contro il decreto sicurezza. La Ue: “Disapplicare la norma, se è stata violata la direttiva” – Il Fatto Quotidiano).
- Fanpage, “Il decreto Sicurezza entra in vigore: scatta il divieto di cannabis light” (13/04/2025) (Il decreto Sicurezza entra in vigore oggi, che cosa prevede: tutte le novità).
- Blitz Quotidiano, “Oli al CBD solo con ricetta, cannabis light illegale: stretta e sequestri” (18/04/2025) (La storia degli oli al Cbd che per comprarli servirà la ricetta perché stupefacenti) (La storia degli oli al Cbd che per comprarli servirà la ricetta perché stupefacenti).
- Enecta.it (blog aziendale settore CBD), “Cannabis light illegale 2025: nuovo DDL Sicurezza” (aggiornamenti aprile 2025) ( Cannabis light illegale 2025: nuovo decreto sicurezza – Enecta.it) ( Cannabis light illegale 2025: nuovo decreto sicurezza – Enecta.it).